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domenica 4 luglio 2010

Nicola, un’adozione coraggiosa


di
Giulia Basano


Ho letto un libro, ma sarebbe meglio dire ho letto una vita.
Perché di vita si tratta in questa cronaca straordinaria, di vite anzi, una che sembrava perduta, e l’altra che non ha permesso che lo fosse. E tante altre a contorno, nello stesso impegno.
Quello che colpisce in tutta la narrazione è l’assenza totale di autocommiserazione, non ve n’è la benché minima traccia, e sì che motivi per averla ce ne sono e tanti!.
Non credo che sia di tutti la forza e il coraggio di questa madre che, giovanissima, decide di adottare quel bambino, proprio lui, quello etichettato come ”un grosso carenziato, un bambino da buttare dalla finestra”.
Si rimane allibiti di fronte a tanta crudele indifferenza.
Ma Giulia no, non si lascia intimidire da questa diagnosi senza scampo, lei non ci crede, lei ha visto un barlume in quegli occhi neri, sente che non può permettere che un essere già così provato dall’abbandono, un bambino di quattro anni, istituzionalizzato e lasciato a sé stesso, sia ancora rifiutato e condannato all’annientamento. Ha capito che desidera ridargli la vita.
E così lo adotta.
Giulia non vuole che si dica che la sua esperienza è eccezionale, afferma invece che bisogna far diventare “normale” ogni vissuto di tal genere; che siano impegnati tutti nel sociale: medici, assistenti, insegnanti, amici, affinché tutti gli esseri umani con carenze più o meno gravi, abbiano il giusto aiuto, il diritto ad essere considerati e curati, ma soprattutto amati.
Lei sa che soltanto se ci saranno questi presupposti si potrà davvero affrontare la serie di problematiche che coinvolgono ogni aspetto esistenziale di un bambino prima, e di un adulto poi, dalle funzioni cerebrali compromesse; sa che si può ottenere l’impensabile.
Questa madre è riuscita a creare intorno al suo figlio “speciale”, uno spazio in cui gestire le conquiste ardue e sofferte, discontinue, le difficoltà ritenute spesso insormontabili, è riuscita ad ottenere comprensione e coinvolgimento emotivo, per sé e per Nicola.
Tutto il mondo che ruota intorno a questa storia è “speciale” , e lo ribadisco in contrasto con quanto espresso dall’Autrice, ma io non credo che siano tutti capaci di tanto, non credo che ci sia tanta abnegazione e tanto amore nella scelta di essere madre, così, madre!.
Consiglio di leggere questa storia vissuta perché può solo fare del bene, aprire porte chiuse dall’indifferenza e dalla rimozione.
Giulia Basano è un’insegnante, esperta di problemi sociali, donna colta, sensibile e attenta ai problemi dei giorni nostri, alle tragiche istanze di tanti genitori lasciati a sé stessi nella cura di figli disabili. La sua battaglia personale, vinta, le dà la forza di affiancare chi è impegnato nella stessa lotta.
A lei tutta la mia stima incondizionata, e la mia ammirazione anche come scrittrice.

Cristina Bove

Per l'acquisto del libro richiederlo  a Associazione Promozione sociale, Via Artisti 36, 10124 Torino,
tel. 011-812.44.69.

giovedì 1 luglio 2010

La stanza del castigo



di
Elisabetta Mori R.

Quando una lettura ti prende al punto che ti immedesimi nel protagonista, ne avverti quasi il respiro, ti sorprendi a prevederne le reazioni, vuol dire che l’Autore è riuscito a comunicare ben oltre le parole, benché di parole sia tessuto il tramite.
Nella piacevole narrazione di Elisabetta Mori si snoda la vicenda di Maria Sole, una donna che tenta disperatamente di riconoscersi tale, cercando di far confluire, nell’analisi della sua esistenza, la bambina vessata dalla madre, l’adolescente incompresa e frustrata poi, la giovane alle prese con esperienze di speranze e abbandoni.
Anni raccontati dall’io narrante in prima persona, quasi sdoppiato nel proporsi quale oggetto di analisi e soggetto di autoanalisi, ma sempre necessariamente presente a se stessa, in un’altalena di emozioni ed elaborazioni mentali da lasciare senza fiato.
L’Autrice trasmette tutta la sofferenza che può diventare la più assidua compagna di giornate morte. La cupezza che non dà tregua nemmeno quando l’amore offerto potrebbe essere salvifico.
Non soccombere a tanto è quasi un atto eroico, un estremo tentativo di raccogliersi nella propria consapevolezza e trovando in questa perfino la capacità di perdonare.
La comprensione con cui riesce a giustificare azioni crudeli, indifferenza e rifiuto, la fanno infine diventare la salvatrice di se stessa.
“… l’amore è un dio dalle molteplici facce…”
e , riferendosi alla durezza della madre: “… grazie alla stanza del castigo, potevo sperare di essere libera e in cammino verso un’esistenza accettata.  E compresi che il suo silenzio altro non era stato che sotteso amore, tenace determinazione di una madre affinché la figlia più fragile imparasse a vivere delle proprie pene.”
Un libro che arricchisce chi legge in un crescendo di compartecipazione emotiva.

Cristina Bove


Doppio ritratto


di
  Alberto Carollo

Questo che ho appena finito di leggere è un libro particolare, articolato sulla quotidianità dei rapporti  ma soprattutto sulla varietà delle sfumature psicologiche che li caratterizza.
Dimostrazione di quanto sia arduo penetrare i meandri della propria e altrui psiche, quando gli avvenimenti si susseguono senza tregua e con inevitabili interazioni che ne condizionano gli sviluppi.
In questo caso specifico, l’Autore riesce a spostare l’attenzione del lettore sulla complessità dei caratteri dei personaggi, “dipinti” sia quelli reali che quelli ritratti, con precise pennellate d’intuito.
Si intrattiene col lettore offrendo aspetti nuovi e articolati perfino delle motivazioni di un pittore.
E già questo sarebbe bastante a definire Alberto Carollo un investigatore a-temporale, uno psiconauta dell’interiorità e delle tematiche espressive.
Un libro per chi ama addentrarsi e conoscere se stesso e documentarsi su un aspetto insolito dell’Arte.

Cristina Bove