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martedì 7 luglio 2009

Segni


Tinti Baldini



“Straniero
ti senti
e sei
se parli
e tutti
sanno già
o fanno finta
d'indossare
colori di mare
coi tuoi occhi.”

Mi piace riportare questa poesia di Tinti Baldini, tratta dalla sua silloge “SEGNI” perchè racchiude in sintesi l'anima dell'Autrice.
Tinti racconta con la sua voce delicata, forte quando occorre, con inconfondibili toni, della sua vita, delle sue riflessioni sulla condizione umana, degli amori finiti e di quelli ritrovati.
Anche la quotidianità passa attraverso il filtro della sua poetica e ci viene offerta con una gamma di emozioni che fanno vibrare nel profondo.
Ci si trova a condividere attimi di sconforto, oppure di allegria, di lucida analisi o di mirabile sintesi, tutto con l'umanità più vera che traspare in ogni suo verso in ogni sua parola.
I versi brevi hanno una risonanza particolare, che sembra scandire anche il pensiero.
La poetessa ci mette di fronte anche all'iniquità di una società che non trova equilibrio né giustizia, dove la fratellanza è sentire di pochi, e il saggio governo un'utopia.
Sceglie una forma sincopata, fatta di brevissimi versi, taglienti come lame, a volte, spesso quasi ruvide carezze. Eccone un magnifico esempio, ungarettiano direi:
“Tramonto
Sfumato ardente
posato da mani
di nuvola.”
Le sue tematiche personali sono nitide, aperte con coraggio a chi legge, che lasciano trasparire sempre il suo aspetto umano e poetico, in una perfetta fusione.
Ecco, in poche parole, una minima parte di quello che mi trasmettono le sue poesie.
Ne leggo ogni tanto qualcuna, e ogni volta è come affacciarmi su un limpido mare.

Cristina Bove

 


 

venerdì 12 giugno 2009

Francesco Di Domenico





Eccomi alle prese con le mie impressioni di lettura su “Storie brillanti di eroi scadenti”.
Non è stato facile, tra ridere, ridere e ancora ridere, avere le idee chiare nel leggere il libro fantabolico (licenza del recensore) di Francesco Di Domenico.
Ecco intanto come l'Autore introduce, con evidente impegno socio-filosofico, ad alte quote:
“Spezzare le catene del proletariato” dice Ugo Statt prima di incontrare Franz Ferr (dal fatidico incontro derivò il teorema di Fer-Statt).
“Prima una carestia degli i-Pod: una crisi strisciante”. Siamo nel 2020 e RenzoArbore suona ancora il clarinetto a 93 anni suonati. Vi interessa sapere come si è arrivati a tanto?


Basta leggere il libro e tutto vi sarà chiaro.
“American coffee”, non future idee peregrine: qui si tratta di suonare strumenti impropri in maniera appropriata. Ecco.
D'altra parte, per uno che si fa arrestare per aver scritto “Cassonetti in fiamme” c'è poco da perorare: non so quanto possiate avere a cuore la sorte di Padre Amedeo, piissimo frate: “iniziò la missione con una proficua questua nei dintorni; gli offrirono uno stereo a sei canali al quarzo, molte borsette di coccodrillo e portafogli in vera pelle”...
“Il giudice Pio Lo Monaco lo incriminò per associazione a delinquere con l'aggravante della fede.
Uscì dopo sei anni, undicimila avemaria e tre suppliche al vescovo...”
Probabilmente a questo punto nemmeno sareste tanto meravigliati se nel “Centro Antidiabetico di Abano Terme... non c'erano le olive, così nessuno pensò di servire dei Martini, ma Mergellina non è Manhattan, e io non sono Raymond Chandler”
Per non parlare delle pratiche a garanzia delle molle dei letti della prof. Essa Titina Centoletti detta Titti, che così si rammarica con il prof. Teophilo Grand'Ascione: “ Durante uno studio approfondito, mentre ero di spalle, mi si è prodotto, anziché una poesia, un violento jodel: pensa che sto per approdare a nuove scoperte?”
Vi inerpicherete a Montesudario tra lupi, porcellini e criceti, ma se qualcuno vi declamasse “La pioggia sul criceto” non penserete mica al Vate, eh?
Naturalmente non vi sorprendereste nemmeno se un angelo andasse “su alcune furie (è raro che un angelo vada su tutte)...
Infine l'atmosfera si fa cupa e misteriosa:”Il tempo minacciava; in quei tempi violenti (2030 o giù di lì-ndr) anche il tempo era violento”
Mentre:
“Un'ombra si aggirava tra le ombre; oltre a lei non c'era ombra”
E così, giunti alla fine (del libro) abbiamo il dovere di dare ascolto allo scrittore-pittore che, in un ultimo vibrante appello, supplica:
“Vi prego, assumetemi.”

cristina bove

venerdì 15 maggio 2009

Andrea Vitali

recensisce Andrea Vitali


ALMENO IL CAPPELLO
di Andrea Vitali - ediz. Garzanti 2009
ISBN 978-88-11-68606-4

Scrivere una recensione ha nella maggior parte dei casi lo scopo di far conoscere un libro letto ad altri lettori ed indurli all’acquisto. È un modo di far pubblicità descrivendone soprattutto i pregi, che possono riguardare, se si tratta ad esempio di un romanzo, la storia narrata, gli intrecci, le caratteristiche dei personaggi, lo stile di scrittura, la piacevolezza ed altro.
Nel caso dei romanzi di Andrea Vitali questo scopo “pubblicitario” viene meno perché lo scrittore è ormai molto noto ai lettori, non solo italiani, e il successo di vendita dei suoi libri, oltre ad alcuni premi letterari vinti, fanno pensare che forse non servirebbe neppure una recensione, poiché basta sapere che è in libreria un suo nuovo testo e la curiosità spinge all’acquisto, con la speranza e/o la certezza che ancora una volta si troverà qualcosa di piacevole da leggere e non si resterà delusi.
Personalmente, tuttavia, penso sia gratificante in sé scrivere le impressioni di lettura su un romanzo, perché spesso i punti di vista dei lettori differiscono e una recensione potrebbe rivelare alcuni elementi che non tutti potrebbero aver colto.
Il nuovo romanzo di Andrea Vitali, Almeno il cappello, ambientato in Bellano e nei paesi vicini, mentre conferma la capacità di scrittura scorrevole e limpida dell’autore, aggiunge delle caratteristiche peculiari a tutta la trama narrativa che, pur presenti in alcuni dei suoi precedenti scritti, sono qui molto più evidenti.
Si tratta, dal mio punto di vista, della rivelazione di un certo modo rassegnato di vivere, negli anni del fascismo, che non è strettamente legato allo stato di soggezione in cui ci si sentiva, né dipendente dall’aria che si respirava allora, in fatto di libertà, quanto determinato da una semplicità intrinseca all’animo dei cittadini di un piccolo paese di provincia.
Questi avevano, infatti, scarse opportunità di fare esperienze al di fuori della ristretta cerchia di persone conosciute, tranne pochi casi di persone che per motivi di lavoro si spostavano nei paesi del circondario, fino alla sponda opposta del lago e, solo di rado, fino alla città di Como, in luoghi, peraltro, dove non si viveva tanto diversamente.
I personaggi che si muovono in questo romanzo sono dunque delle persone semplici che non si pongono troppi problemi, ma che hanno voglia di vivere una vita dignitosa e, possibilmente, resa più accettabile da qualche piccola soddisfazione.
Il loro animo è e rimane libero, in quanto la gestione politica della loro vita non viene del tutto subita, anzi, coltivando le amicizie giuste con le persone giuste, e pur senza entrare in contrasto con le leggi in vigore, si riesce talvolta ad ottenere dei favori, che non sono affatto da confondere con “favoritismi”, ma che anzi hanno tutta l’aria di rispondere al consentire l’esercizio di un diritto da parte di chi detiene un certo potere.
La trama narrativa del romanzo è ben congegnata, e ruota attorno alle vicende familiari e personali non di uno solo, ma di ben due protagonisti: il suonatore del bombardino, (inizialmente nella fanfaretta del paese di Bellano e successivamente nella costituenda Banda o Corpo musicale vero e proprio) e il nuovo ragioniere, competente e molto responsabile, dell’ospedale, nonché nuovo direttore della Banda stessa.
La leggerezza del racconto è tale da far scivolare nella mente le pagine in un susseguirsi di azioni e reazioni che suscitano curiosità in molti modi: a volte perché le situazioni narrate hanno del paradossale, a volte perché sembrano addirittura ridicole, a volte perché vengono alla luce delle intrusioni inaspettate che sembrano deviare il corso naturale degli eventi, a volte ancora perché gli stessi personaggi si sorprendono della loro stessa ingenuità e cercano dei sotterfugi o delle modalità comunque bonarie di far tornare le cose per il verso giusto. Non mancano, ad alleggerire la pesantezza di certi vissuti familiari, degli eventi su cui l’autore, attraverso alcuni dei suoi personaggi, fa aleggiare l’ironia e un certo modo gioviale di prendere la vita. Così come non mancano le sottolineature riguardo alle gattopardesche posizioni degli amministratori comunali, che rimandano decisioni, quando non le capovolgono, responsabilizzando sempre “altri” riguardo all’incapacità di risolvere problemi, che generalmente sono sempre piuttosto banali, ma che vengono fatti passare quasi come insormontabili, al punto da dover coinvolgere “il partito” e/o chi ha voglia di assumersi qualche responsabilità.
In questo, nulla di diverso dai tempi attuali, par di capire!
Anche se coerentemente con quanto ci si potesse aspettare dalla natura dei personaggi in azione, la storia non termina bene, perché non è una fiaba dove alla fine “tutti vivono felici e contenti”, ma è una realtà, o comunque una ripresa-ricostruzione di una realtà verosimile, in un contesto spazio-temporale e socio-culturale particolare, in cui le ripercussioni di ogni azione, reazione, decisione o indecisione, retroagiscono sulle persone, determinandone umori, stati d’animo, caratterialità, talvolta imprevedibili.
Un esempio ne è il direttore del Corpo musicale bellanese, che a seguito della sfortunata inaugurazione mancata della “sua” banda nel giorno della festa dei SS. patroni del paese, si ammala di una sorta di depressione che gli preclude ogni ulteriore possibilità non solo di far musica, ma addirittura di interessarsene o di ascoltare qualsiasi parvenza di suono che gliene ridesti il ricordo.
E ancora, coerentemente con la taccagneria dimostrata dal podestà del paese (per l’acquisto delle divise dei componenti del Corpo musicale, ad esempio, o per rispondere ad altre esigenze), il quale dopo la morte improvvisa del suonatore del bombardino voleva che si recuperasse “almeno il cappello”, emerge, a mo’ di specchio, l’avidità di un ragazzo che, durante una “fortunata” battuta di pesca ritrova nel lago proprio quel cappello e in esso scopre una sorpresa: nascosto dentro una cucitura interna c’è il valore quasi totale dell’intera divisa, (ottanta lire su cento), che il suonatore del bombardino era riuscito ad ottenere subdolamente dalla moglie, ma che non era riuscito a spendere per intero nelle osterie per soddisfare il suo bisogno di libertà. Per il ragazzo è il ritrovamento di un piccolo tesoro. E comunque sia, si tratta di piccoli quadri di realtà.
In tutte le situazioni narrate, i personaggi sono connotati proprio da quella caratteristica di cui si diceva all’inizio: è palpabile in ognuno, in maniera diversa e molto personale, l’arte di riuscire a recuperare dalla vita momenti di benessere, (pur con una certa dose di rassegnazione), nella maggior parte dei casi in modo leale ed innocente, qualche volta anche con piccoli sotterfugi che però non dipingono mai chi ne fa uso in modo negativo, perché sempre c’è una sottile linea di bonomia nei loro confronti da parte degli altri cittadini o conoscenti. A dimostrazione, quasi, di una certa solidarietà fra le persone che nei tempi in cui il romanzo è ambientato e in piccoli paesi come Bellano, costituiscono una vera e propria comunità.
Ecco, dunque, il pregio maggiore di questo romanzo di Andrea Vitali: raccontare alcuni aspetti della vita di una piccola comunità in un tempo, per altri versi, difficile, e mostrare la semplicità, l’ingenuità, ma anche l’attaccamento reciproco delle persone tra loro, e una solidarietà quasi scontata, un interesse per le vicende dei compaesani che non è pura curiosità o, come si direbbe oggi, gossip, bensì un modo per entrare in sintonia e poter essere anche d’aiuto quando ciò dovesse servire. Per ultimo, vorrei ri-sottolineare la scorrevolezza della narrazione, che si serve di frasi brevi e d’effetto e di un lessico familiare che rispecchia e caratterizza ancor meglio i personaggi la cui cultura è di tipo contadino; e infine una capacità dello scrittore di tenere desta dall’inizio alla fine la curiosità del lettore, il quale non si perde mai nella trama pur intricata delle varie situazioni narrate, anzi acquista una certa familiarità al punto che vorrebbe suggerire a volte, a qualche personaggio più sprovveduto, dei comportamenti diversi per un esito migliore e più soddisfacente per lui.

M. Carmen Lama